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L’ubiquità del diverso

La Giornata Mondiale della diversità culturale per il dialogo e lo sviluppo è stata dichiarata nel 2002 dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite a seguito dell’adozione della “Dichiarazione Universale della Diversità Culturale”, nel riconoscimento della necessità di aumentare il potenziale della cultura come mezzo per raggiungere la prosperità, lo sviluppo sostenibile e la coesistenza pacifica globale.

Con l’avvento di questa importante giornata, colgo l’occasione per suggerire una riflessione:

Spesso ci si ritrova erroneamente a pensare che la diversità si ritrovi solo ed esclusivamente nello straniero: nell’africano, nel musulmano, in “quello dell’est”, nel cinese che ovviamente confondiamo col giapponese (tanto sono la stessa cosa no!?). Sembriamo far caso al diverso solo quando ci troviamo di fronte a colui che è fisicamente non simile a noi; a quella persona che incarna usanze, tradizioni e modi di vivere che ci appaiono insensati poiché, per l’appunto, estranei alle nostre abitudini.

La verità è un altra però. La diversità è ubiqua: si trova dovunque ed in chiunque.

Lo straniero potrebbe anche rappresentare la diversità più appariscente ai nostri occhi ma è necessario comprendere che, al di là delle differenze culturali e linguistiche, il diverso non rappresenta solo lo straniero, ma anche il collega con cui condividiamo risorse comuni; diverso è chi vive in un contesto sociale distante dal nostro ma anche chi troviamo come vicino di casa. Diverso è la persona a cui ci legano vincoli familiari, chi abbiamo cercato o chi, inaspettatamente, abbiamo incontrato come compagno di viaggio.

All’inizio di una conoscenza, ci si ritrova spesso nella situazione in cui ci viene richiesto di descriverci e di parlare di noi; di accennare ad alcuni tratti della nostra personalità, gusti e abitudini. L’incertezza che improvvisamente assale nel momento in cui ci viene domandato di descrivere la nostra identità risulta quasi inaspettata: le parole che utilizzeremmo tranquillamente per descrivere un altro, come un amico, un conoscente o anche uno sconosciuto, finiscono per apparire tutto d’un tratto troppo strette per descrivere noi stessi. I concetti che abbiamo a disposizione per descriverci risultano parecchio limitati e sembrano quasi tradire ciò che si vorrebbe far trasparire di noi poiché, con così tante esperienze alle spalle e consapevolezze acquisite, non basterebbero alcune parole per riassumere la nostra essenza.

Dire chi siamo non basta; il nostro nome e cognome ad esempio, datoci da altri per di più, non è abbastanza per descrivere chi siamo. Il nome potrà suggerire da che parte del mondo proveniamo così come il cognome suggerisce una relazione genealogica e famigliare ma nulla di più. Noi siamo colui o colei a cui è accaduto questo o quello. Siamo esperienza, siamo colui o colei che ha interagito con altri coloro. Se ci si trova di fronte ad un ostacolo di questo genere nella descrizione di se stessi, come si può pensare di avere un’idea abbastanza chiara per poter definire con poche semplici parole l’altro?

MED nasce con lo scopo di promuovere e valorizzare le diversità culturali, il rispetto reciproco, la responsabilità sociale e civile. Uno dei primi passi per comprendere la diversità, ancora prima di riferirci alla diversità culturale, è quello di capire che ogni individuo rappresenta un territorio non pienamente disponibile al nostro sguardo e che qualunque semplificazione che lo riconduca ad un particolare, lo condannerebbe ad una oggettualità che non lo riguarda e che certamente ci allontana dal cogliere la sua vera essenza.

Diventare cittadini globali significa famigliarizzare con questi concetti e tentare di iniziare a trattare il prossimo nello stesso modo in cui trattiamo noi stessi, tenendo sempre a mente che chiunque, grande e piccolo, compaesano o meno, ha sicuramente qualcosa da trasmetterci.

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